LEGGE 20 maggio 1970, n.
300 (Statuto dei lavoratori)
Norme sulla tutela
della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e
dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
Titolo I - Della libertà e dignità del lavoratore
ART. 1. - Libertà di opinione.
ART. 2. -
Guardie giurate.
ART. 3. -
Personale di vigilanza.
ART. 4. -
Impianti audiovisivi.
ART. 5. -
Accertamenti sanitari.
ART. 6. -
Visite personali di controllo.
ART. 7. -
Sanzioni disciplinari.
ART. 8. -
Divieto di indagini sulle opinioni.
ART. 9. -
Tutela della salute e dell'integrità fisica.
ART. 10. -
Lavoratori studenti.
ART. 11. -
Attività culturali, ricreative e assistenziali.
ART. 12. -
Istituti di patronato.
ART. 13. -
Mansioni del lavoratore.
Titolo II - Della libertà sindacale
ART. 14. -
Diritto di associazione e di attività sindacale.
ART. 15. -
Atti discriminatori.
ART. 16. -
Trattamenti economici collettivi discriminatori.
ART. 17. -
Sindacati di comodo.
>
ART. 18. -
Reintegrazione nel posto di lavoro.
Titolo III - Dell'attività sindacale
ART. 19. -
Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 20. -
Assemblea.
ART. 21. -
Referendum.
ART. 22. -
Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 23. -
Permessi retribuiti.
ART. 24. -
Permessi non retribuiti.
ART. 25. -
Diritto di affissione.
ART. 26. -
Contributi sindacali.
ART. 27. -
Locali delle rappresentanze sindacali aziendali.
Titolo IV - Disposizioni varie e generali
ART. 28. -
Repressione della condotta antisindacale.
ART. 29. -
Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 30. -
Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali.
ART. 31 -
Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
ART. 32. -
Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive
Titolo V - Norme sul collocamento
ART. 33. -
Collocamento.
ART. 34. -
Richieste nominative di manodopera.
Titolo VI - Disposizioni finali e penali
ART. 35. -
Campo di applicazione.
ART. 36. -
Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli
appaltatori di opere pubbliche.
ART. 37. -
Applicazione ai dipendenti da enti pubblici.
ART. 38. -
Disposizioni penali.
ART. 39. -
Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni.
ART. 40. -
Abrogazione delle disposizioni contrastanti.
ART. 41 -
Esenzioni fiscali.
TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE
ART. 1 -
Libertà di opinione.
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede
religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di
manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi
della Costituzione e delle norme della presente legge.
ART. 2 - Guardie
giurate.
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari
giurate, di cui
agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto
18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del
patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti
diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non
possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo
svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate
esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne
promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il
provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più
gravi.
ART. 3 - Personale
di vigilanza.
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori
interessati.
ART. 4 - Impianti
audiovisivi.
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le
apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative
e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche
la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori,
possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze
sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione
interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di
tali impianti.
Per gli impianti e le
apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al
secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le
rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna,
l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per
l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti
dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma,
il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza
di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di
cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
ART. 5. -
Accertamenti sanitari.
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e
sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Il controllo delle
assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi
ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a
compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far
controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed
istituti specializzati di diritto pubblico.
ART. 6. - Visite
personali di controllo.
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei
casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio
aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle
materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite
personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano
eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la
dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con
l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla
collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali
possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le
condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative
modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le
rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di
lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti
dell'Ispettorato del lavoro di cui al precedente comma, il datore di
lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la
commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
ART. 7. - Sanzioni
disciplinari.
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione
alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di
contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei
lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono
applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro
ove esistano .
Il datore di lavoro non
può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore
senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito
a sua difesa .
Il lavoratore potrà farsi
assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato.
Fermo restando quanto
disposto dalla
legge 15 luglio 1966, n. 604 , non possono essere disposte sanzioni
disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro;
inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a
quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla
retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i
provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono
essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure
previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di
adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata
una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi,
anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero
conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed
arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un
terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato
dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di
lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli
dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al
collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha
effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione
disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad
alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro
applicazione.
ART. 8. - Divieto
di indagini sulle opinioni.
È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel
corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini,
anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali
del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione
dell'attitudine professionale del lavoratore.
ART. 9. - Tutela
della salute e dell'integrità fisica.
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e
l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro
integrità fisica.
ART. 10. -
Lavoratori studenti.
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in
scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione
professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque
abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di
lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e
non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i
riposi settimanali.
I lavoratori studenti,
compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno
diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà
richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei
diritti di cui al primo e secondo comma.
ART. 11. - Attività
culturali, ricreative e assistenziali.
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda
sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei
lavoratori.
Le rappresentanze
sindacali aziendali, costituite a norma dell'art. 19, hanno diritto di
controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite
dalla contrattazione collettiva .
ART. 12. - Istituti
di patronato.
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei
compiti di cui al
D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un
piano di parità, la loro attività all'interno dell'azienda, secondo le
modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
ART. 13. - Mansioni
del lavoratore.
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
“Il prestatore di lavoro
deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente
acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte,
senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a
mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente
all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la
medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con
diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai
contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può
essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è
nullo”.
TITOLO
II DELLA LIBERTA' SINDACALE
ART. 14.
- Diritto di associazione e di attività sindacale.
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere
attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei
luoghi di lavoro.
ART. 15.
- Atti discriminatori.
È nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare
l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca
ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un
lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei
trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti
pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero
della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al
comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di
discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso.
ART. 16.
- Trattamenti economici collettivi discriminatori.
È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi
carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.
Il pretore, su domanda
dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui
al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno
dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al
pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari
all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente
corrisposti nel periodo massimo di un anno.
ART. 17.
- Sindacati di comodo.
È fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di
lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti,
associazioni sindacali di lavoratori.
ART. 18. -
Reintegrazione nel posto di lavoro.
(*) I primi 5 commi hanno così sostituito
i commi primo e secondo per effetto dell’art.1 –
Legge n. 108/1990
Ferme restando l'esperibilità
delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n.
604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il
licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il
licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne
dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di
lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede,
stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo
il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si
applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori,
che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed
alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di
cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di
lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze
più di sessanta prestatori di lavoro.
Ai fini del computo del
numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche
dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei
lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la
quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito,
che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto
dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge
ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta
e in linea collaterale.
Il computo dei limiti
occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che
prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Il giudice con la
sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al
risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui
sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità
commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del
licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento
dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento
al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione
globale di fatto.
Fermo restando il diritto
al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al
prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in
sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a
quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore
entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non
abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla
comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di
cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo
spirare dei termini predetti.
La sentenza pronunciata
nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta
del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato,
il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con
ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di
prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel
posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al
comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice
medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo
178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere
revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro
che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza
di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha
pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a
favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della
retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III DELL'ATTIVITA' SINDACALE
ART. 19.
- Costituzione delle rappresentanze sindacali
aziendali.
Rappresentanze sindacali
aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni
unità produttiva, nell'ambito:
a) delle associazioni
aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano
nazionale(1);
b) delle associazioni
sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano
firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro
applicati nell'unità produttiva(1).
Nell'ambito di aziende
con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire
organi di coordinamento.
(1) Con D.P.R. 28 luglio
1995, n. 312 (Gazz. Uff. 29 luglio 1995, n. 176), in esito al referendum
indetto con D.P.R. 5 aprile 1995 (Gazz. Uff. 11 aprile 1995, n. 85) è
stato abrogato l'art. 19, primo comma, lettera a) nonché l'art. 19, primo
comma, lettera b), limitatamente alle parole “non affiliate alle predette
confederazioni” e alle parole “nazionali o provinciali”, della legge 20
maggio 1970, n. 300.
L'abrogazione ha effetto
decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto n. 312 del
1995 nella Gazzetta Ufficiale.
ART. 20.
- Assemblea.
I lavoratori hanno
diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera,
fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti
di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale
retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla
contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono
riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette,
singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali
nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse
sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle
convocazioni, comunicate al datore di lavoro.
Alle riunioni possono
partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del
sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità per
l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai
contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
ART. 21.
- Referendum.
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento,
fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per
categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le
rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di
partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e
alla categoria particolarmente interessata.
Ulteriori modalità per lo
svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti
collettivi di lavoro anche aziendali.
ART. 22.
- Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze
sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei
membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta
delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al
comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell'articolo
18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è
stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della
commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è
cessato l'incarico per tutti gli altri.
ART. 23.
- Permessi retribuiti.
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo
19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi
retribuiti.
Salvo clausole più
favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di
cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per
ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che
occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è
organizzata;
b) un dirigente ogni 300
o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale
aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti
della categoria per cui la stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500
o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la
rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori
dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera
b).
I permessi retribuiti di
cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili
nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del comma precedente; nelle
aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti non potranno essere
inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende
esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione
scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le
rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 24.
- Permessi non retribuiti.
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a
permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a
congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto
giorni all'anno.
I lavoratori che
intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne
comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima,
tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 25.
- Diritto di affissione.
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su
appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in
luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva,
pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse
sindacale e del lavoro.
ART. 26.
- Contributi sindacali.
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera
di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei
luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività
aziendale.
[Le associazioni
sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul
salario nonché sulle prestazioni erogate per conto degli enti
previdenziali, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro
versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che
garantiscono la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a
ciascuna associazione sindacale] (4) (4/a).
[Nelle aziende nelle
quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il
lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale
all'associazione da lui indicata] (4/a) .
(7/cost)
(4) Comma così sostituito
dall'art. 18, L. 23 luglio 1991, n. 223.
(4/a) Il D.P.R. 28 luglio
1995, n. 313 (Gazz. Uff. 29 luglio 1995, n. 176), in esito al referendum
indetto con D.P.R. 5 aprile 1995 (Gazz. Uff. 11 aprile 1995, n. 85), ha
abrogato, decorsi sessanta giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, l'art. 26, commi secondo e terzo, L. 20 maggio 1970, n. 300.
(7/cost) La Corte
costituzionale, con ordinanza 23-26 marzo 1998, n. 76 (Gazz. Uff. 1°
aprile 1998, n. 13, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta
inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art.
26, nel testo risultante dall'abrogazione parziale dichiarata dal D.P.R.
28 luglio 1995, n. 313, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 39 della
Costituzione.
ART. 27.
- Locali delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone
permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali,
per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno
dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Nelle unità produttive
con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali
aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un
locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
ART. 28.
- Repressione della condotta antisindacale.
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad
impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale
nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle
associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del
luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni
successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora
ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al
datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la
cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del
decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in
funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma
del comma successivo.
Contro il decreto che
decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del
decreto alle parti opposizione davanti al pretore in funzione di giudice
del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano
le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura
civile.
Il datore di lavoro che
non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza
pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo
650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria
ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi
stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
Se il comportamento di
cui al primo comma è posto in essere da una amministrazione statale o da
un altro ente pubblico non economico, l'azione è proposta con ricorso
davanti al pretore competente per territorio.
Qualora il comportamento
antisindacale sia lesivo anche di situazioni soggettive inerenti al
rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di cui al primo comma,
ove intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle
predette situazioni, propongono il ricorso davanti al tribunale
amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via di
urgenza con le modalità di cui al primo comma. Contro il decreto che
decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione
del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che
decide con sentenza immediatamente esecutiva.
ART. 29.
- Fusione delle rappresentanze sindacali
aziendali.
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si
siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle
lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella
ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici
stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a
ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella
unità produttiva.
Quando la formazione di
rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle associazioni
di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 19, i limiti
numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali
aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma,
ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.
ART. 30.
- Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali.
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti,
secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle
riunioni degli organi suddetti.
ART. 31
- Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni
pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e
nazionali.
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre
funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in
aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.
La medesima disposizione
si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali
provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa
di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta
dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della
determinazione della misura della pensione a carico dell'assicurazione
generale obbligatoria di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e
successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi,
casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della
assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
Durante i periodi di
aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle
prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle
prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al
terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori
siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per
malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di
aspettativa.
ART. 32.
- Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni
pubbliche elettive.
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che
non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta,
autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente
necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della
retribuzione.
I lavoratori eletti alla
carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta
provinciale o di assessore provinciale hanno diritto anche a permessi non
retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
TITOLO V NORME SUL COLLOCAMENTO
ART. 33.
- Collocamento.
La commissione per il collocamento, di cui all’articolo 26 della legge 29
aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni
zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della
massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni
sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della
commissione provvede il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e
della massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei
rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene conto del
grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna loro
un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede d'ufficio.
La commissione è
presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale,
ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso
di parità prevale il voto del presidente.
La commissione ha il
compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle
precedenze per l'avviamento al lavoro, .secondo i criteri di cui al
quarto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
Salvo il caso nel quale
sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella
scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla
graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al
pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni
chiusura dell'ufficio con la indicazione degli avviati.
Devono altresì essere
esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche
il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad
accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che
siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata
urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di
collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo
comma del presente articolo, entro dieci giorni. Dei dinieghi di
avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione
scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la
sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere
immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la
commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni
dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono
inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro, il
quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione di
cui all’articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui
all’articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla
commissione e in nessun caso possono essere modificati dalla sezione. Il
direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i
provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in
contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale.
Per il passaggio del
lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra occorre il
nulla osta della sezione di collocamento competente.
Ai datori di lavoro che
non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento,
sono applicate le sanzioni previste dall'articolo 38 della presente legge.
Le norme contenute nella
legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto non modificate
dalla presente legge.
ART. 34.
- Richieste nominative di manodopera.
A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente
legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro sono
ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di
lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette
categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione
centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI DISPOSIZIONI FINALI E PENALI
ART. 35.
- Campo di applicazione.
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo III,
ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si
applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto
autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si
applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si
applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito
dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese
agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque
dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata,
non raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme
di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i contratti collettivi di
lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle
imprese di navigazione per il personale navigante.
ART. 36.
- Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo
Stato e degli appaltatori di opere pubbliche.
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle
vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano
professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di
appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita
la clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o
appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori
dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti
collettivi di lavoro della categoria e della zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia
nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella
successiva, per tutto il tempo in cui l'imprenditore beneficia delle
agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle
vigenti disposizioni di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che
sia accertata dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente
ai Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione
del beneficio o dell'appalto. Questi adotteranno le opportune
determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi o nel
caso di recidiva potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un
tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di
agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi
precedenti si applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie
e creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali
l'Ispettorato del lavoro comunica direttamente le infrazioni per
l'adozione delle sanzioni.
ART. 37.
- Applicazione ai dipendenti da enti pubblici.
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di
lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano
esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della
presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti
dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata
da norme speciali.
ART. 38.
- Disposizioni penali.
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera a),
sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con
l'ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 o con l'arresto da 15 giorni ad
un anno.
Nei casi più gravi le pene dell'arresto e
dell'ammenda sono applicate congiuntamente.
Quando per le condizioni economiche del
reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche
se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al
quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma,
l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di
condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
ART. 39.
- Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni.
L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei
lavoratori.
ART. 40.
- Abrogazione delle disposizioni contrastanti.
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge
è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti
collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
ART. 41
- Esenzioni fiscali.
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente
legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e
documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti
da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse |